Il superminimo
è una delle possibili voci che compongono la retribuzione lorda e che individua un compenso che si va ad aggiungere ai minimi tabellari individuati dal contratto collettivo. Questa voce aggiuntiva è l’espressione dell’autonomia negoziale delle parti.
Il superminimo, nella maggior parte dei casi, è riconosciuto unilateralmente dal datore di lavoro. La contrattualità del medesimo può rinvenirsi nella combinazione tra l’attribuzione unilaterale da parte del datore di lavoro e l’accettazione tacita da parte del lavoratore.
Il superminimo può essere, altresì, individuato tramite contratto collettivo quale voce retributiva erogata ai lavoratori inquadrati in un determinato livello o specifico gruppo. In tal caso, si parla di superminimo collettivo.
Il superminimo assorbibile.
La previsione di un superminimo individuale pone la necessità di stabilire se tale trattamento di miglior favore debba considerarsi assorbito dai successivi aumenti retributivi derivanti dal rinnovo del contratto collettivo e/o dalla variazione del livello di inquadramento oppure debba essere conservato e cumulato con il minimo tabellare più favorevole.
Il superminimo individuale si ritiene generalmente assorbibile dai miglioramenti retributivi previsti dalla contrattazione collettiva. Nel nostro ordinamento vige, infatti, il principio della assorbibilità del superminimo (ex multis, Cass. 3 dicembre 2015, n. 24643; Cass. 27 marzo 2013, n. 7685; Cass. 29 agosto 2012, n. 14689).
Pertanto, generalmente, gli aumenti retributivi che vengono stabiliti, a qualunque titolo, dal contratto collettivo, non si sommano al superminimo individuale goduto dal lavoratore ma lo “assorbono”, cioè lo riducono in tutto o in parte.
La medesima regola si applica anche nell’ipotesi di aumento della retribuzione base derivante dal riconoscimento di un livello superiore di inquadramento (v., da ultimo, Cass. n. 26017/2018).
La giurisprudenza ha avuto modo di precisare che la regola generale dell’assorbimento non trova applicazione nei seguenti casi:
Quando le parti del rapporto di lavoro abbiano stabilito che il superminimo non sia assorbibile e questo può risultare: a) dalla clausola del contratto individuale che preveda la natura non “assorbibile” del superminimo (Cass. 16 agosto 1993, n. 8711); b) da un comportamento concludente del datore di lavoro che – nonostante la mancanza di un’espressa previsione – abbia in occasione dei precedenti rinnovi contrattuali collettivi sempre adottato la regola del cumulo e non dell’assorbimento (Cass. 29 agosto 2012, n. 14689; Cass. 25 febbraio 1994, n. 1899);
Qualora la stessa contrattazione collettiva stabilisca che l’aumento retributivo non assorba i superminimi individuali goduti dai lavoratori (Cass. 18 luglio 2008, n. 20008; Cass. 9 luglio 2004, n. 12788; Cass. 7 agosto 1999, n. 8498);
Nel caso in cui le parti del rapporto di lavoro abbiano attribuito al superminimo la natura di compenso speciale strettamente collegato a particolari meriti o alla speciale qualità o maggiore onerosità delle mansioni svolte dal dipendente. In tal caso, il superminimo non è un generico miglioramento della posizione retributiva del lavoratore, ma ha un titolo (ragione) specifico, e quindi diventa un elemento intangibile della retribuzione (Cass. 9 luglio 2004, n. 12788; Cass. 7 agosto 1999, n. 8498).
La riduzione del superminimo
Il superminimo individuale non rientra tra le disposizioni inderogabili della legge o dei contratti collettivi. In quanto tale, le parti, dopo aver previsto in un accordo individuale l’erogazione del superminimo, possono in un successivo accordo prevederne l’eliminazione totale o parziale.
Viceversa, fermo restando la diversa questione dell’assorbimento, il superminimo individuale non può essere ridotto da un successivo accordo collettivo, di qualunque livello, né tantomeno dal datore di lavoro con atto unilaterale.
Trattandosi di un diritto derivante dal contratto individuale e non da disposizioni inderogabili della legge e dei contratti o accordi collettivi, il superminimo individuale non rientra nell’ambito di applicazione dell’art. 2113 c.c. La rinunzia e/o la transazione effettuate in azienda – e non in una delle sedi “protette” (sede giudiziale, amministrativa, sindacale, di certificazione) – sono, pertanto, immediatamente valide e non possono essere impugnate dal lavoratore.
Se il superminimo è stabilito dalla contrattazione collettiva, la disciplina per la riduzione è differente.
La previsione del superminimo collettivo costituisce parte integrante della disciplina collettiva applicata al rapporto di lavoro. Diversamente dal superminimo individuale, il superminimo collettivo non può, quindi, essere modificato, in senso peggiorativo, dalla parti individuali ma unicamente dalla successiva contrattazione collettiva applicata al rapporto di lavoro.
Occorre considerare, infine, che le rinunzie e transazioni aventi ad oggetto il superminimo collettivo, diversamente da quanto anzidetto in relazione al superminimo individuale, rientrano nel campo di applicazione dell’art. 2113 c.c., dal momento che il diritto economico del lavoratore su cui incide la rinunzia e/o la transazione deriva dal contratto collettivo. Per essere immediatamente valide e non impugnabili dal lavoratore nei sei mesi successivi ai sensi dell’art. 2113, comma 2, c.c., la rinunzia e/o la transazione devono, pertanto, essere effettuate in una delle sedi “protette” di cui art. 2113, comma 4, c.c.