Il codice disciplinare è quell’insieme di regole di condotta che il lavoratore è tenuto ad osservare sul luogo di lavoro.
Lo stesso normalmente prevede una predeterminazione o una tipizzazione delle infrazioni, sanzioni e delle relative procedure di contestazione.
Sul punto, il primo comma dell’art. 7 Legge 300/1970 (Statuto dei Lavoratori) stabilisce che “le norme disciplinari relative alle sanzioni, alle infrazioni in relazione alle quali ciascuna di esse può essere applicata ed alle procedure di contestazione delle stesse devono essere portate a conoscenza dei lavoratori mediante affissione in luogo accessibile a tutti”.
Il codice disciplinare, peraltro, può essere predisposto dalla contrattazione collettiva nazionale o aziendale oppure anche unilateralmente dal datore di lavoro.
Occorre tuttavia, rilevare che normalmente è lo stesso CCNL a disciplinare la materia; a livello aziendale (sia esso pattizio o unilaterale) vi è semplicemente un recepimento di quella disciplina con una sua eventuale integrazione.
Sul punto è sufficiente richiamare il principio secondo cui una fonte di rango inferiore (come può essere il contratto aziendale o il contratto personale) non può in nessun caso derogare in peggio rispetto a quanto previsto da una fonte superiore (CCNL o legge) a tutela del lavoratore.
In presenza di contratti collettivi applicabili, il codice disciplinare deve essere conforme a quanto in essi stabilito (art. 7 Legge 300/1970).
In mancanza, la determinazione delle sanzioni, è rimessa alla disposizione unilaterale del datore di lavoro (Cass. 11/4/78 n. 1717, in Foro it., I, 2811). Anche in questo caso, tuttavia, dovrà trovare applicazione il principio della proporzionalità tra condotta e sanzione.
La pubblicità del codice disciplinare sancisce il principio fondamentale per il quale chi è perseguito per un’infrazione deve essere posto in grado di conoscere l’infrazione stessa e la sanzione (Cass. 25/9/04 n. 19306).
Tale garanzia, tuttavia, trova integrale applicazione per la validità delle sanzioni disciplinari conservative (richiamo, ammonizione, multa, sospensione), ma non anche del licenziamento disciplinare.
La giurisprudenza ritiene, infatti, che la pubblicità del codice disciplinare non sia necessaria qualora il licenziamento sia intimato per giusta causa o giustificato motivo soggettivo.
Quanto alle modalità della pubblicità, la giurisprudenza è concorde nel ritenere che la pubblicità mediante affissione costituisce un elemento essenziale per l’esercizio del potere disciplinare, non potendosene considerare equipollenti mezzi diversi di comunicazione (Cass. S.U. 5/2/88 n. 1208, in Foro it. 1988, I, 1556; Cass. 8/3/90 n. 1861, in Dir. Prat. Lav. 1990, 1295).
Il codice deve essere affisso in luogo accessibile a tutti nel senso che deve trattarsi di luogo di facile accesso, ossia di comune e frequente transito di tutti i lavoratori e non solo di alcuni (Pret. Firenze 28/3/97 in Rivista ital. Dir. Lav. 1998, II, 294).
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