dimissioniUn dipendente del settore pubblico, dopo aver rassegnato volontarie dimissioni, ha inviato all’azienda pubblica per cui lavorava, una raccomandata con la quale intendeva revocare le proprie dimissioni.
L’amministrazione rispondeva però che le dimissioni erano state accettate e che il rapporto di lavoro era da considerarsi pertanto definitivamente risolto.
Il dipendente si è quindi rivolto all’autorità giudiziaria, sostenendo l’inefficacia delle dimissioni in quanto revocate prima che fosse completato l’iter di accettazione.

Il Tribunale ha respinto il ricorso e l’interessato ha proposto appello avanti la competente Corte territoriale che ha pure rigettato la domanda, evidenziando che i rapporti di lavoro dei dipendenti pubblici in regime di lavoro pubblico contrattualizzato sono disciplinati dal d.lgs. 165/2001 e dalle disposizioni del codice civile e che quindi non trova più applicazione il precedente d.p.t. 20.1.1957, n. 3 che, si ricorda, prescriveva che il dimissionario doveva proseguire nei doveri d’ufficio finchè non fosse comunicata l’accettazione delle dimissioni da parte dell’amministrazione di appartenenza, accettazione che per motivi di servizio poteva essere ritardata o persino rifiutata.

A seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. 29 del 1993 (poi d.lgs. 165/2001), essendo il rapporto di pubblico impiego privatizzato regolato dalle norme del codice civile e dalle leggi civili sul lavoro, nonché dalle norme sul pubblico impiego solo in quanto non espressamente abrogate e non incompatibili, le dimissioni del lavoratore costituiscono un negozio unilaterale recettizio, idoneo a determinare la risoluzione del rapporto di lavoro dal momento in cui vengano a conoscenza del datore di lavoro e indipendentemente dalla volontà di quest’ultimo di accettarle, sicchè non necessitano più, per divenire efficaci, di un provvedimento di accettazione da parte della pubblica amministrazione.

L’amministrazione, dunque, non può rigettare l’istanza del dipendente di dimissioni, ma si deve limitare ad accertare che non esistano impedimenti legali alla risoluzione del rapporto. In ragione dell’effetto immediato di tali dimissioni la successiva revoca è inidonea ad eliminare l’effetto risolutivo già prodottosi, restando peraltro salva la possibilità, per le parti, in applicazione del principio generale di libertà negoziale, di porre nel nulla le dimissioni con la conseguente prosecuzione a tempo indeterminato del rapporto stesso, e con l’onere, in tal caso, di fornire la dimostrazione del raggiungimento di tale accordo a carico del lavoratore, accordo che nella fattispecie non risulta sia intervenuto.

Conseguentemente la Corte d’Appello ha rigettato il ricorso del sopraindicato dipendente che ha allora deciso di proporre ricorso per cassazione.
La Corte di Cassazione, sez. lavoro, con sentenza dell’11.11.2021, n. 33632, ha però respinto tutti i motivi di ricorso rigettandolo e confermando la decisione della Corte d’Appello.